Avvocato e Giornalista
“Ciascun condomino può rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini”. Così dispone l’art. 1118 del codice civile.
Se il condomino dimostra i presupposti richiesti dalla legge (cioè l’assenza di notevoli squilibri di funzionamento e l’assenza di aggravi di spesa per gli altri condomini), il distacco del riscaldamento si configura come un vero e proprio diritto del condomino.
Partendo da queste premesse, il distacco dal riscaldamento centralizzato – se vengono rispettati tutti i presupposti di legge – può essere eseguito anche a fronte di un divieto di distacco previsto dal regolamento di condominio, anche di natura contrattuale.
La prova dell delle condizioni tecniche deve essere fornita dal condomino interessato attraverso una perizia redatta da un tecnico specializzato. Il tecnico, in particolare, dovrà verificare a quanto ammonterà l’inevitabile squilibrio che si creerà nell’impianto centralizzato (dimensionato per garantire ripartizione di calore e comfort adeguati nei vari alloggi), se viene meno una unità.
Il tecnico dovrà inoltre quantificare l’eventuale quota forfettaria di compensazione per la quantità di calore di cui si continuerebbe comunque a usufruire, derivante dagli appartamenti confinanti e dalle tubazioni che attraversano l’appartamento.
La relazione tecnica va sottoposta al vaglio dell’assemblea dei condomini, che non deve autorizzare il distacco, ma solo prendere atto della effettiva presenza dei presupposti di legge.
La delibera con la quale l’assembla, pur in presenza delle condizioni legali, vieta il distacco è da considerarsi nulla, quindi impugnabile in qualsiasi momento.
Allo stesso modo, è nulla la delibera che, al contrario, autorizzi il distacco in presenza dei pregiudizi per l’impianto comune (Cass. civ. 02/11/2018, n. 28051).
Dopo il distaccato, il condomino rimane obbligato a pagare le spese di conservazione dell’impianto (manutenzione ordinaria e straordinaria dell’impianto, spese per il mantenimento e/o regolare messa a norma), mentre è esonerato dalle spese di consumo (per esempio, le spese per il combustibile).
Tuttavia, la presenza di eventuali dispersioni termiche può determinare l’obbligo di continuare a pagare, seppur in parte, anche le spese di consumo, per non recare pregiudizio agli altri condomini.
Detto in altri termini, il condomino distaccato potrebbe rimanere obbligato a pagare anche le spese di consumo, seppur in misura ridotta (quota forfettaria). Ciò, per evitare che eventuali dispersioni termiche possano determinare un godimento di calore proveniente dagli immobili confinanti o dalle tubature comuni che attraversano il proprio appartamento.
Occorre dunque valutare attentamente il rapporto costi-benefici prima di procedere. Oltre alle spese di conservazione e manutenzione dell’impianto comune, il condomino distaccato potrebbe, come detto, rimanere obbligato a pagare una quota forfettaria delle spese di consumo.
Vanno poi valutate eventuali altre spese. Per esempio: l’installazione della caldaia autonoma o di una canna fumaria per lo scarico fumi; il distacco delle tubazioni dell’appartamento dall’impianto centralizzato, con inevitabili opere murarie; l’allaccio e adeguamento della nuova linea gas; realizzazione di una nuova rete idraulica di distribuzione ai vari radiatori; ecc.
A conti fatti, insomma, il distacco potrebbe risultare quanto mai oneroso. In alcuni casi, potrebbe risultare più conveniente un intervento di efficientamento dell’impianto centralizzato con spese da suddividere tra tutti i condomini; oppure un risanamento degli impianti individuali con l’installazione di valvole termostatiche ai radiatori e di un sistema di contabilizzazione del calore, peraltro oggi obbligatori per legge.