Collaboratore di Immobiliare.it
Quando si parla di investimenti nel mercato immobiliare la prima cosa che viene in mente è la compravendita di immobili, tendenzialmente la prospettiva di qualsiasi investitore è quella di acquistare a poco per rivendere ad un prezzo maggiore, così da generare un guadagno.
Questo guadagno che viene chiamato plusvalenza viene tassato solo in ipotesi specifiche che riguardano la vendita di fabbricati o terreni agricoli ed è sempre tassata quando a essere venduti sono terreni edificabili, così come per i terreni oggetto di lottizzazione o fabbricati costruiti sugli stessi.
La plusvalenza è la differenza positiva che il singolo ha ottenuto dalla rivendita di una proprietà (in questo caso un immobile) che abbia precedentemente acquistato.
Se si acquista una casa per 150.000 euro e la si rivende a 180.000 si è verificata una plusvalenza di 30.000 euro.
È importante tenere a mente che si tratta di guadagni ben definiti e tenuti sotto controllo, perché vengono tassati dallo stato.
Inoltre, in teoria, chi vende immobili privati non ha nessun interesse a dichiarare un valore inferiore anche perché si troverebbe poi a dover giustificare agli occhi del fisco un introito di denaro difficilmente giustificabile.
Neanche l’acquirente ha interesse a dichiarare un valore inferiore perché ormai da tanti anni nelle compravendite non soggette a Iva le persone fisiche possono scegliere di pagare le imposte di registro, ipotecarie e catastali sul valore catastale indipendentemente dal prezzo di acquisto.
Leggi anche: QUALI SONO LE TASSE DA PAGARE QUANDO SI VENDE UNA CASA?
Le imposte da pagare vengono calcolate sul guadagno totale, ma prima di applicare l’imposta vengono dedotte alcune spese:
Una volta calcolate queste spese deducibili, il reddito verrà tassato di conseguenza e dovrà essere pagato assieme agli altri redditi IRPEF, oppure direttamente al momento del rogito come imposta sostitutiva al 26% (fino al 31 dicembre 2019, l’aliquota è stata del 20%).
La tassazione sostitutiva non è applicabile alle plusvalenze che, ai sensi dell’articolo 67, comma 1, del Tuir, costituiscono redditi di capitale ovvero sono conseguite:
L’unico caso in cui non viene applicata la tassazione della plusvalenza sulla rivendita di un immobile è quella in cui la casa venga rivenduta dopo 5 anni dal suo acquisto.
Si può dire che la plusvalenza è tassata solo se il fabbricato venduto:
In questi casi la plusvalenza deve essere inserita nella dichiarazione dei redditi del venditore, e viene tassata in base alle aliquote progressive applicabili al suo reddito complessivo.
È bene ricordare che questa regola si applica ad ogni possibile situazione in cui un cittadino possa entrare in possesso di una casa; quindi, anche nel caso di una donazione, verrà applicata la tassazione sulla plusvalenza. In quest’ultimo caso, la plusvalenza viene calcolata sulla base della differenza tra il prezzo di vendita e i costi del donatore per la costruzione o l’acquisto dell’immobile.
I fabbricati in corso di costruzione meritano un discorso a parte, in quanto il tema della tassazione è stato oggetto di un chiarimento da parte dell’Agenzia delle Entrate. Per stabilire se la plusvalenza sia soggetta o meno a tassazione è necessario fare riferimento allo stato dell’immobile in corso di costruzione quando avviene la vendita. In particolare, se sono stati realizzati almeno il rustico con i muri perimetrali e la copertura, vengono applicate le regole per i fabbricati. Se, invece, l’immobile non può essere considerato un fabbricato sono valide le stesse regole dei terreni edificabili.
*Questo contenuto ha scopo informativo e non ha valore prescrittivo. Per un’analisi strutturata su ciascun caso personale si raccomanda la consulenza di professionisti abilitati.