Giornalista
La guerra tra Russia e Ucraina sta accelerando la corsa verso la transizione energetica. Per l’Europa potrebbe essere un mondo meno dipendente da Russia e Cina. Più autonoma e spedita verso, appunto, la transizione ecologica, digitale ed energetica.
Di questo cambiamento ne è convinto anche il professore Davide Tabarelli, docente all’Università di Bologna, fondatore e presidente dal 2006 di NE-Nomisma Energia, società di ricerca sull’energia. Nel lungo periodo, l’invasione russa in Ucraina potrà servire a dare impulso alla produzione di energia rinnovabile, ma nell’immediato possiamo aspettarci che il gas russo e ucraino continui ad arrivare in Italia, sebbene con qualche intoppo. Anche perché la transizione va preparata. Come la corsa a scavare miniere per cercare il litio europeo.
Attraverso una intervista, Tabarelli prevede alcuni scenari. “Nei prossimi venti anni la Russia continuerà a esportare in Europa attraverso il gasdotto Nord Stream, perché conviene a lei e a noi. Però quella che si è aperta in questi giorni è una ferita profonda, che per la prima volta ha causato gravissimi problemi, non solo per il costo di vite umane che ogni guerra implica”. “Lo shock maggiore – osserva il professore – si è avuto il mese scorso, quando sul mercato si è passato il peggio per i rincari dei prezzi. In questi giorni, nonostante l’invasione, controllo ogni mattina i flussi di gas e sono regolari. Ma non possiamo ignorare che pur se le forniture ci sono, abbiamo bollette passate da 60 a 120 euro“.
La crisi, dunque, porterà a un’accelerazione degli investimenti e della creazione di impianti di energie rinnovabili. Ma servirà tempo, motivo per cui, fa notare Tabarelli, “dovremmo tenerci strette le centrali a carbone e le montagnette di carbone, che in Italia sono ottime”.
Anche Legambiente, nel rapporto “Scacco matto alle rinnovabili”, sostiene che da qui al 2030 servirà installare almeno 70 GW di potenza da fonti rinnovabili. Tutto questo se si vogliono rispettare gli obiettivi fissati a livello europeo che prevedono una riduzione del 55% delle emissioni, rispetto ai livelli del 1990. E una copertura da rinnovabili del 72% per la parte elettrica.