In questo periodo di crisi energetica sta accadendo che molti fornitori di luce e gas abbiano iniziato a comunicare ai propri clienti che i contratti in scadenza, a partire dal nuovo anno, subiranno degli aumenti medi che potrebbero toccare anche il 160%.

Ad esempio alcuni consumatori hanno segnalato che Enel Energia ha comunicato, tramite una semplice e-mail, che dal 1 gennaio del 2023 il costo dell’energia sarebbe passato da 0,10 centesimi a 0,259 centesimi. Con il nuovo contratto che sarebbe rimasto in essere per i successivi tre anni a prezzo bloccato.

Cosa possono fare gli utenti in questo caso? È possibile opporsi all’aumento delle tariffe o vanno accettati senza possibilità di modifiche? Vediamo cosa dice la normativa.


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Le possibilità dei consumatori alla luce delle norme

Secondo il Decreto Legge 151/22 articolo 3 (o aiuti bis), gli aumenti tariffari risultano bloccati fino al 30 aprile del 2023. Fino a qualche settimana fa non erano molti i casi a rientrare nella previsione del decreto legge.

Ma di recente l’Antitrust ha fornito una interpretazione più ampia del testo di legge, che comprende appunto anche i rinnovi contrattuali come quelli che sono stati presi in esame all’inizio dell’articolo. Questo significa che, alla luce di quel provvedimento, ci si può opporre all’aumento della tariffa fino all’aprile del 2023, quando scadrà la moratoria.

Quando può avere ragione l’operatore

C’è solo una circostanza in cui potrebbe aver ragione il fornitore del servizio energetico.

Cioè quando il contratto stipulato prevede già in origine un’evoluzione automatica della tariffa applicata. Ad esempio se nella formula originale il prezzo era stato stabilito come fisso per un anno di fornitura e poi, a scadenza, veniva introdotto un prezzo variabile.

Se questo non è stato specificato fin dall’inizio e si tratta solo di una semplice variazione di tariffa, i consumatori possono tranquillamente opporsi. Le alternative che è possibile considerare allora diventano due. O fare reclamo e poi, se la risposta non è soddisfacente o non arriva proprio, si può adire alla conciliazione Arera.

Oppure se non si riesce a risolvere in modo pacifico, si può solo ricorrere alle  vie legali e andare in tribunale. In questo caso ovviamente le tempistiche non sono più certe e bisogna affidarsi alla macchina della giustizia.

*Questo contenuto ha scopo informativo e non ha valore prescrittivo. Per un’analisi strutturata su ciascun caso personale si raccomanda la consulenza di professionisti abilitati.

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