Avvocato
La vicenda. Un Condominio cita una società condomina, affinché sia accertata la mancanza del diritto ad apporre due canne fumarie sulla muratura condominiale a servizio del proprio appartamento, con conseguente condanna alla rimozione e al risarcimento del danno.
Il Tribunale prima e la Corte d’Appello di Roma poi accolgono le ragioni del Condominio, seppur tramite una consulenza tecnica costituente una prova cosiddetta “atipica”, poiché raccolta nel corso di un parallelo giudizio tra il Condominio medesimo e il soggetto da cui la società condomina aveva acquistato l’appartamento.
Al contempo, l’amministratore viene ritenuto legittimato a promuovere la causa, senza una preventiva autorizzazione dell’assemblea, poiché il contendere riguardava il decoro e la sicurezza del fabbricato, l’utilizzo della muratura comune, nonché l’incolumità dei condomini.
Il tentativo della società condomina di riformare le precedenti decisioni rivolgendosi alla Suprema Corte ha esito negativo (Corte di Cassazione, sentenza 6428/2023).
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In primo luogo, la società condomina contesta l’utilizzabilità della consulenza tecnica formatasi nel giudizio parallelo, al quale la stessa non aveva partecipato, ritenendo in tal modo violato il proprio diritto di difesa.
Tale motivazione viene, tuttavia, disattesa dalla Corte, poiché il giudizio parallelo, pur condotto tra soggetti diversi, aveva comunque riguardato la canna oggetto dell’odierna contesa.
Pertanto, da un lato risulta operante il seguenti principi di diritto: «…nei poteri del giudice in tema di disponibilità e valutazione delle prove rientra quello di fondare il proprio convincimento su prove formate in altro processo, quando i risultati siano acquisiti nel giudizio della cui cognizione egli è investito, potendo le parti che vi abbiano interesse contrastare quei risultati discutendoli o allegando “prove contrarie”», dal che, «…il giudice di merito è libero di formare il proprio convincimento sulla base di accertamenti compiuti in altri giudizi fra le stesse parti od anche fra le altre parti» (Cassazione Civile, sentenza 478/1995).
Dall’altro lato, la consulenza tecnica era stata comunque vagliata criticamente dal Tribunale e dalla Corte d’Appello, «…correndola all’identità dell’oggetto fra i due giudizi (ossia la struttura di due grandi canne fumarie), e giungendo alla conclusione, non correttamente censurata in questa sede, del raggiungimento della prova in tema di lesione del decoro dell’edificio e del pericolo alla sicurezza dei condomini per essere le stesse dello spessore di circa 35 cm. di diametro ciascuna…».
Anche la doglianza concernente l’avvio della causa su iniziativa dell’amministratore è ritenuta infondata.
Le questioni oggetto del contendere riguardavano, infatti, il decoro architettonico e la sicurezza dei condomini, con conseguente applicabilità dei seguenti principi di diritto:
In altri termini, riguardando la vertenza canne fumarie installate sulla muratura condominiale, l’amministratore ha certamente agito a difesa dell’integrità materiale del fabbricato: «Per proporre tale azione, definita “di ripristino” e quindi non di accertamento dei diritti dominicali, non era necessario mandato di tutti i condomini, potendo l’amministratore agire ex art. 1130 c.c., n. 4, e art. 1131 c.c.» (Cassazione Civile, sentenza 3846/2020).
*Questo contenuto ha scopo informativo e non ha valore prescrittivo. Per un’analisi strutturata su ciascun caso personale si raccomanda la consulenza di professionisti abilitati.