Giornalista
Un caso di cronaca avvenuto di recente nelle Marche, in provincia di Pesaro e Urbino, ci permette di approfondire un argomento che si ripropone con una certa frequenza in occasione delle dispute tra i diversi proprietari presenti all’interno di un edificio.
Nello specifico, è stato chiesto al Tribunale di Pesaro di intervenire per risolvere un litigio tra due condòmini, entrambi titolari di un’unità immobiliare.
In particolare, uno dei due soggetti interessati ha deciso di ricorrere alle vie legali per denunciare l’illecita trasformazione di una finestra in una porta da parte del contendente.
Per comprendere al meglio la vicenda, occorre descriverla sin dalla sua origine.
Stiamo parlando di un classico contesto condominiale cittadino, un cui gli appartamenti e le residenze sono posti al primo piano o in quelli superiori, mentre al piano terra operano attività commerciali e uffici pubblici.
Ebbene, nel tentativo di rendere le aree comuni del primo piano direttamente accessibili dalla propria abitazione, uno dei proprietari presenti nel condominio ha deciso di modificare un varco sito nel muro di casa, allargandolo e rendendolo idoneo al passaggio pedonale.
Un lavoro effettuato non solo senza aver consultato gli altri proprietari in sede di assemblea condominiale, ma anche con modalità e tempi alquanto anomali rispetto alle normative vigenti in materia, dato che la porta è stata aperta in totale autonomia nel giro di un paio di notti.
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Trovatisi davanti al caso, i giudici del Tribunale di Pesaro non hanno potuto fare altro che condannare il gesto come illegittimo, imponendo alla persona in oggetto il ripristino della situazione precedente.
La sentenza è stata poi confermata dalla Corte d’Appello e, in ultimo grado di giudizio, anche dalla Corte di Cassazione, a cui l’individuo si era rivolto.
Non solo la porta che consentiva il passaggio pedonale era stata aperta in sostituzione ad una semplice finestra, che era stata prevista per la sola illuminazione degli interni (e quindi non per il passaggio pedonale); oltretutto, l’entrata permetteva il diretto collegamento degli inquilini con alcune aree degli uffici pubblici sottostanti, configurando l’ulteriore reato di illegittima occupazione di proprietà altrui.
*Questo contenuto ha scopo informativo e non ha valore prescrittivo. Per un’analisi strutturata su ciascun caso personale si raccomanda la consulenza di professionisti abilitati.