Avvocato e Giornalista
Alla scadenza del contratto di locazione, l’inquilino deve restituire l’immobile locato nello stato in cui l’ha ricevuto, salvo il normale deterioramento risultante dall’uso attuato in conformità del contratto, e salvo il danno addebitabile a vetustà dell’immobile.
Lo stato dell’immobile va valutato prendendo in considerazione la descrizione dello stesso risultante dal verbale di consegna che, nella prassi, le parti predispongono all’inizio della locazione.
In mancanza, si presume che il conduttore abbia ricevuto l’immobile in buono stato di manutenzione (art. 1590 c.c.).
Il conduttore che restituisce l’immobile danneggiato deve risarcire il proprietario pagando, oltre alle spese necessarie per le riparazioni, anche il corrispettivo dovuto per l’impossibilità di locare l’immobile per tutta la durata dei lavori.
È fatta salva la possibilità del proprietario di ottenere anche il maggior danno eventualmente subito, dandone la prova.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9849 del 2022, ha applicato questi principi con particolare riferimento al riconoscimento ed alla quantificazione dei danni subiti dal proprietario dell’immobile affittato.
Nel caso oggetto della sentenza in commento, l’inquilina era stata condannata a risarcire la proprietaria per aver restituito l’immobile in stato di degrado rispetto a come le era stato consegnato al momento della sottoscrizione del contratto di locazione.
Il totale dei danni da risarcire era stato quantificato sommando le spese sopportate dal proprietario per le necessarie riparazioni con il corrispettivo calcolato per mancato reddito percepito durante il periodo di esecuzione dei lavori, pari ai canoni di locazione non incassati in tale periodo.
Condanna che è stata confermata dalla Corte di cassazione, che ha respinto il ricorso proposto dall’inquilina.
Come anticipato all’inizio, il citato articolo 1590 del codice civile dispone che, se al momento della riconsegna l’immobile locato presenti danni eccedenti il degrado dovuto a normale uso dello stesso, l’inquilino deve risarcire tali danni al proprietario.
Tali danni consistono non solo nel costo delle opere necessarie per la rimessione in pristino, ma anche nel canone altrimenti dovuto per tutto il periodo necessario per l’esecuzione e il completamento di tali lavori.
Per ottenere il risarcimento di questi danni, il proprietario-locatore non è tenuto a fornire la prova di aver ricevuto – da parte di terzi – richieste per la locazione, non soddisfatte a causa dei lavori.
Quanto il locatore, per fatto del conduttore, non può disporre della cosa locata, ha diritto a conseguire il canone convenuto per tutto il periodo di indisponibilità dell’immobile, nonché eventuali danni ulteriori, ove ne dimostri l’esistenza.
Il periodo di indisponibilità dell’immobile è equiparato alla ritardata restituzione dell‘immobile, con la conseguenza che spetterà per tale periodo al proprietario il corrispettivo convenuto, ai sensi dell’art. 1591 c.c.
Si tratta di un rimedio che scatta automaticamente, in conseguenza della mancata disponibilità del bene provocata dall’inquilino, senza alcun onere probatorio a carico del proprietario.
Per il proprietario, poi, è fatta salva la possibilità di ottenere dal conduttore un risarcimento superiore per il maggior danno eventualmente subito.
In questo caso, però, questa voce ulteriore di danni non viene quantificata automaticamente. Il proprietario che la richiede deve fornire la prova del maggior danni subito. In mancanza, non potrà ottenere alcune ulteriore risarcimento.