Avvocato e Giornalista
Il Condominio e l’impresa appaltatrice sono responsabili in solido per la caduta sulle scale condominiali esterne al fabbricato provocata dalla presenza di materiale di lavorazione.
Per il condominio scatta la responsabilità per mancata custodia, perché i gradini sono resi scivolosi dal materiale di risulta proveniente dalle impalcature dei lavori in corso nell’area.
La negligenza della ditta appaltatrice non libera il Condominio dall’obbligo di custodia delle parti comuni.
L’ente di gestione risponde anche a titolo di culpa in eligendo, per essersi affidato ad un’impresa che si è dimostrata inadeguata ai lavori da eseguire.
È questo, in sintesi, il contenuto della sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere n. 1724 del 10 maggio 2022.
Una signora citava in giudizio il Condominio, chiedendo il risarcimento dei danni subiti a seguito di una caduta, mentre scendeva le scale condominiali, causata dalla presenza sui gradini di materiale scivoloso non visibile né segnalato.
Materiale che era giunto sulle scale da un’impalcatura esterna alla palazzina, montata dalla ditta che stava eseguendo dei lavori affidati dal Condominio stesso. Si costituiva il Condominio, che chiamava in causa la ditta appaltatrice, unica responsabile, a suoi dire, della caduta in questione.
Il tribunale ha accolto la domanda risarcitoria, condannando il solido sia il Condominio che la ditta appaltatrice.
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Nel caso in esame, la danneggiata ha fornito la prova che la caduta, e quindi il danno subito, sia riconducibile al cattivo stato di custodia delle scale condominiali.
Decisivi i testi, che hanno confermato la presenza sui gradini di una sostanza melmosa formatasi con la pioggia dal pulviscolo proveniente dalle impalcature.
Anche il testimone citato dal condominio conferma la caduta. La responsabilità del custode risulta oggettiva e dipende non dalla sua condotta ma dalla relazione con la cosa dannosa.
Ai sensi dell’art. 2051 c.c., se l’attore prova la lesione e il nesso di causalità con la cosa, il custode si libera soltanto documentando l’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva in grado d’interrompere il nesso causale.
Dimostrazione che nella specie manca del tutto. Il Condominio pertanto risponde dei danni in qualità di custode delle parti comuni ai sensi dell’art. 2051 c.c., non avendo fornito la prova liberatoria del caso fortuito.
Non è infatti possibile scaricare tutta la colpa sulla ditta che stava eseguendo lavori di ristrutturazione per conto del condominio.
Nell’ambito del contratto d’appalto, è di regola l’appaltatore che risponde dei danni provocati a terzi.
La ditta appaltatrice, infatti, ai sensi dell’art. 1665 c.c., svolge in autonomia la sua attività nell’esecuzione dell’opera o del servizio appaltato, organizzandone i mezzi necessari, curandone le modalità ed obbligandosi a fornire alla controparte l’opera o il servizio cui si era obbligato.
Tuttavia, il committente (nel nostro caso, il condominio) prima di affidare un incarico lavorativo, deve accertarsi che la ditta appaltatrice abbia le competenze tecniche e professionali per eseguirlo (D.lgs. n.81/2008, art. 26, comma 1, lett. a).
In pratica, l’amministratore, nella sua qualità di committente dei lavori, è responsabile di culpa in eligendo nel caso in cui affidi l’opera ad un’impresa che palesemente difetta delle necessarie capacità tecniche, ovvero in base al generale principio del neminem ledere di cui all’art. 2043 c.c. (Cass. civ. 25758/2013).
Da qui la decisione del tribunale di condannare in solido sia il Condominio che la ditta appaltatrice.
Alla danneggiata è stato riconosciuto un danno non patrimoniale di oltre 25 mila euro, dei quali 3 mila a titolo di danno morale e il resto liquidati come danno biologico con personalizzazione massima, considerate l’invalidità dell’8 per cento e l’età dell’infortunata.
*Questo contenuto ha scopo informativo e non ha valore prescrittivo. Per un’analisi strutturata su ciascun caso personale si raccomanda la consulenza di professionisti abilitati.