Tanti aspetti economici e normativi, legati al mondo degli immobili, cambiano con il tempo e spesso in modo repentino. Basti pensare al costo dei mutui, i cui tassi si sono impennati vertiginosamente nel giro di un anno.

È mutato lo scenario relativo ai bonus fiscali, che sono tornati in sostanza al livello di “detrazioni” fiscali, da quando il Governo ha eliminato la possibilità di cedere i crediti o di richiedere lo “sconto in fattura”.

E poi, com’è naturale, i valori delle abitazioni si muovono. Di fronte a questo scenario, quali sono le soluzioni più efficaci per chi desidera investire della liquidità e comprare degli immobili a scopo di investimento?

Investimento immobiliare: perché è importante definire la finalità

È opportuno conoscere diversi aspetti, che sono stati oggetto di un recente incontro on line organizzato da Fimaa, una delle principali sigle dei mediatori immobiliari, insieme al consulente fiscale Cristoforo Florio.

In primo luogo, le finalità. Quando si acquista una casa per trarne una guadagno, sono due le strade future:

La locazione può essere di tipo “turistico”, ossia i contratti brevi (non più di 30 giorni di durata), sui quali ormai molti contribuenti sono abituati ad appoggiarsi ai grandi portali, tipo Airbnb o Booking, o anche semplicemente ad agenzie immobiliari o società di property managment; oppure locazioni più tradizionali e di durata maggiore (il “4+4”, “transitorio per studenti” e così via…).

La compravendita e le locazioni sono assoggettate ad aliquote diverse, che gravano sia in fase di rogito, sia sia come dichiarazione dei redditi.

Nel campo delle locazioni, la soluzione di gran lunga preferita è diventata la “cedolare secca”, ossia quel regime che permette di pagare sui canoni un’imposta fissa al 21% (utilizzabile anche sugli affitti brevi), ad eccezione dei contratti a canone concordato dove si paga solo il 10%.

I rilievi del Fisco

Questi dettagli, però, sono facilmente reperibili in Rete o con l’ausilio di un consulente immobiliare.

Altri aspetti, invece, vanno considerati con un grado maggiore di approfondimento, a partire dalla modalità con cui operare: come semplice privato-persona fisica o costituendo un’impresa?

Questa differenza è spesso sottovalutata. Invece, è fondamentale. In diversi pronunciamenti, infatti, l’Agenzia delle Entrate ha stabilito che non è tanto il numero di operazioni a definire l’attività di impresa, quanto ad esempio la frequenza (poniamo una persona che ogni anno prenda una nuova casa da mettere a reddito) o la complessità dell’operazione.

Per fare qualche esempio pratico, acquisire una palazzina, modificarne la volumetria, frazionare lo stabile e ricavarne più appartamenti rispetto a quelli di partenza, e poi rivenderli, può essere considerata un’unica operazione, ma molto probabilmente il Fisco ne chiederà conto come “impresa”.

Che in sostanza significa vedersi recapitare una cartella, con la mancata Iva versata. Le locazioni turistiche (affitti brevi) seguono caratteristiche un po’ diverse. Su questo, la norma oggi sostiene che se un qualunque soggetto possiede e dà in locazione più di 4 immobili nello stesso anno d’imposta, allora vada considerato “imprenditore” e non solo privato.

Dunque, debba agire tramite una società. L’attività d’impresa può anche essere ravvisata con meno di 4 alloggi, ma nel caso vengano forniti servizi (tipo la ristorazione) che allora configurerebbero l’attività ricettiva.


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Investimenti immobiliari da privato: pro e contro

Accanto ai temi normativi, naturalmente vanno considerati quelli economico/fiscali. Ecco uno schema di massima.

I punti a favore dell’operazione da privato sono:

Invece, tra gli aspetti per cui sarebbe più conveniente agire tramite società, si possono indicare la possibilità di portare in deduzione i costi riferiti agli immobili (per esempio spese di condominio, di manutenzione ecc…), la detrazione Iva sugli acquisti, e va segnalato anche la maggior facilità di trasferire gli immobili ai figli.

Questo è vero specialmente se si investe in una pluralità di immobili, perché se questi vengono messi “in pancia” a una società, il trasferimento potrà essere fatto in parti uguali (ossia trasferendo quote uguali del capitale), senza dover dividere tra i figli immobili diversi, che naturalmente avranno valori non identici, con il rischio di scontentare qualcuno.

In ultimo, occorre valutare se pagare tutta l’operazione con liquidità propria o se ricorrere in parte al mutuo bancario.

Il finanziamento, infatti, comporta poi una spesa ricorrente (le rate del mutuo) che vanno a incidere sui costi e dunque sul rendimento dell’operazione.

Ma l’apporto della banca potrebbe consentire un’operazione di maggior respiro, oltre a lasciare in tasca una certa dose di liquidità, utile eventualmente per mettere gli occhi anche su un’altra operazione parallela.

di Adriano Lovera

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