L’acquisto di un immobile è spesso preceduto dalla firma di un preliminare di compravendita.

Attenzione però, perché questo accordo non determina alcun passaggio di proprietà del bene. Le parti, cioè venditore e acquirente, si impegnano infatti a realizzare questa transazione in un momento successivo, cioè al momento della stipula del contratto di compravendita vero e proprio davanti al notaio.

Questo particolare aspetto è stato ulteriormente confermato dalla Cassazione con la recente ordinanza n. 21605 del 28 luglio 2021. Gli Ermellini hanno ribadito che la promessa di vendita ha effetti tra le parti esclusivamente di natura obbligatoria e mai di carattere traslativo.

In estrema sintesi, il passaggio di proprietà si produce solo al momento del contratto definitivo.

Preliminare di vendita e possesso anticipato

Con il preliminare, dunque, le parti si impegnano a determinare la vera a propria compravendita in un secondo momento. Lo scopo di questo contratto è di obbligare venditore e acquirente alla vendita in attesa di chiarire alcuni aspetti (per esempio, controllare l’assenza di pesi o trascrizioni pregiudizievoli sull’immobile) o aspettando che si verifichino alcune circostanze (sempre per esempio, la concessione di un prestito o di un mutuo).

Le caratteristiche appena descritte non mutano nemmeno se il (promittente) venditore concede al (promissario) compratore il possesso del bene. La detenzione del cespite, infatti, non cambia in alcun modo la natura obbligatoria del preliminare.

Infatti, la detenzione pattuita si può giustificare con un contratto di comodato, funzionalmente, legato al compromesso.

“Nella promessa di vendita, quando viene convenuta la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si verifica un’anticipazione degli effetti traslativi, in quanto la disponibilità conseguita dal promissario acquirente si fonda sull’esistenza di un contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare, produttivo di effetti meramente obbligatori”.

Un caso concreto

Nel caso oggetto della controversia presa in esame dalla Cassazione, il ricorrente aveva promesso di cedere parte dell’area ottenuta in concessione per l’edificazione di alcuni fabbricati. Secondo l’istante, il preliminare sottoscritto era nullo, poiché aveva previsto l’immissione nel possesso a favore del promittente compratore nonostante la convenzione prevedesse l’obbligo di non cedere gli edifici per almeno cinque anni. La Cassazione, visto che con la detta immissione non si era verificata alcuna anticipazione dell’effetto traslativo, ha, però, escluso ogni contrasto tra la promessa di vendita e la convenzione a monte, ritenendo il preliminare perfettamente valido.

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