Collaboratrice di Immobiliare.it
Tra le molte tipologie di locazione a uso abitativo fra privati che si possono stipulare in Italia, la più diffusa è senza dubbio il contratto locazione 4+4.
Vediamo insieme in che cosa consiste, come si registra, quali vincoli comporta per le parti e quando è possibile dare disdetta anticipata.
Come abbiamo detto, è la forma di affitto più diffusa e tradizionale. A differenza del contratto a canone concordato 3+2, l’importo del canone non è stabilito dalla legge, ma è l’esito della trattativa fra le due parti coinvolte.
La legge lascia dunque ampia libertà per quanto riguarda la “tariffa” che l’inquilino dovrà versare, ma impone precisi limiti sulla durata e sulla procedura da seguire per l’eventuale rescissione.
La legge non stabilisce una durata massima per questo tipo di locazione, ma ne impone una minima: 4 anni, dopo i quali il contratto si rinnova in automatico di altri 4, salvo disdetta.
Al termine dei primi 4 anni, solo il conduttore (ossia l’inquilino) può dare disdetta, mentre il locatore (cioè il proprietario) aspetterà la scadenza dei successivi 4, a meno che non si verifichino precise condizioni.
In base alle esigenze di entrambe le parti, il contratto di locazione 4+4 può essere personalizzato, includendo clausole accessorie, come per esempio la scelta da parte del locatore di avvalersi dell’opzione della cedolare secca e il deposito da parte dell’inquilino di una caparra (di solito due o tre mensilità) che verrà restituita alla scadenza del contratto.
A prescindere dalle possibili clausole, ci sono delle voci che devono per forza essere inserite all’interno del contratto, di cui vi alleghiamo un facsimile, che sono:
Prima di tutto, premettiamo che il contratto di affitto deve essere per forza registrato presso l’Agenzia delle Entrate, a meno che la durata non sia inferiore ai 30 giorni all’anno.
Entrambe le parti coinvolte possono occuparsi della registrazione, che può avvenire sia per via telematica sia presentandosi agli uffici territoriali e che deve essere effettuata entro i 30 giorni successivi alla decorrenza del contratto stesso.
Per la registrazione di un contratto si devono pagare l’imposta di registro e l’imposta di bollo, che sono da dividere fra inquilino e proprietario.
L’imposta di registro per i fabbricati a uso abitativo è pari al 2% del canone annuo, moltiplicato per il numero delle annualità: si può scegliere se pagare l’ammontare complessivo in un’unica soluzione, oppure anno per anno, entro 30 giorni dalla scadenza della precedente annualità.
L’imposta di bollo è pari a 16 euro ogni 4 facciate scritte del contratto e, comunque, ogni 100 righe, per ogni copia da registrare.
Il proprietario di immobili che appartengono alle categorie catastali da A1 a A11 (esclusa l’A10 – uffici o studi privati) ha la possibilità di optare per la cedolare secca, un sistema di tassazione che permette di sostituire l’Irpef, l’imposta di registro e l’imposta di bollo con un’unica imposta pari al 21% del canone annuo.
Se il proprietario sceglie la cedolare secca non dovrà pagare né l’imposta di registrazione né l’imposta di bollo.
Il proprietario può optare per la cedolare secca sia inizialmente (utilizzando il modello RLI che serve per la registrazione stessa del contratto) sia in un momento successivo: in tal caso, ovviamente, sarà valida solo per il tempo residuo del contratto.
Chi opta per la cedolare secca deve comunicarlo all’inquilino tramite lettera raccomandata nella quale rinuncia alla facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone.
In linea generale possiamo infine dire che la cedolare secca conviene di più a chi non beneficia di particolari sgravi fiscali (per esempio quelli legati a lavori di ristrutturazione o efficientamento energetico) e ha redditi alti.
Le aliquote Irpef da pagare sull’affitto, infatti, variano dal 23% per chi ha redditi bassi fino al 43% per chi guadagna di più.
Il conduttore può recedere dal contratto in qualsiasi momento, sia in presenza di una giusta causa (licenziamento, problemi fisici che gli precludano l’utilizzo dell’immobile, trasferimento per motivi di lavoro) sia semplicemente avvalendosi della clausola di recesso che di norma è presente nel contratto.
Alla scadenza dei primi 4 anni può dare disdetta con preavviso di 6 mesi, o meno se specificato nel contratto, senza dover indicare le motivazioni. La comunicazione deve avvenire tramite raccomandata o posta certificata (Pec).
Il proprietario, invece, non può mai dare disdetta per giusta causa, ma deve sempre aspettare la prima scadenza naturale del contratto.
Al termine dei primi 4 anni, in alcuni casi può evitare il rinnovo naturale dando comunicazione all’inquilino con 6 mesi di anticipo tramite raccomandata o Pec.
I casi che consentono al locatore di scindere il contratto sono:
Dopo i primi 8 anni le possibilità sono 2:
*Questo contenuto ha scopo informativo e non ha valore prescrittivo. Per un’analisi strutturata su ciascun caso personale si raccomanda la consulenza di professionisti abilitati.