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L’articolo 1803 del Codice civile definisce il comodato d’uso. Sono moltissimi i cittadini italiani ad aver utilizzato questo strumento nel corso degli anni: eppure, non tutti sanno che esiste la versione gratuita (quella più ricorrente nei contratti di concessione di beni e proprietà), ma anche quella “a pagamento“.
Ebbene, scopriamo insieme nell’articolo cosa si intende per comodato d’uso oneroso, partendo dalle singole situazioni in cui è possibile sceglierlo fino alla cifra inseribile nell’accordo tra le parti.
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Il comodato d’uso oneroso è una tipologia di contratto che prevede la cessione di un bene mobile o immobile dietro pagamento di una somma di denaro. In sostanza, il proprietario del bene in oggetto (definito dalla normativa “comodante“) chiede al beneficiario (o “comodatario”) di fornire un contributo economico più o meno elevato per poterne usufruire.
A differenza di quanto accade con i classici contratti d’affitto e di locazione, con il comodato d’uso oneroso la spesa pattuita tra le parti non viene calcolata in relazione al valore del bene in oggetto, ma rappresenta una cifra simbolica.
Ad esempio, capita spesso che – nei casi di appartamenti e unità immobiliari – venga richiesto il versamento delle spese condominiali o di una rata dell’Imu.
Secondo quanto stabilito in materia dai giudici della Corte di Cassazione, il contratto di comodato d’uso oneroso può essere sottoscritto.
La legislazione attualmente in vigore non pone limiti temporali specifici, ma si limita solamente ad effettuare una distinzione tra i cosiddetti contratti a termine (per i quali è prevista una scadenza) e i contratti a tempo indeterminato.
Nel secondo caso, il proprietario può rientrare in possesso del bene a suo piacimento avanzando esplicita richiesta, che dev’essere adempiuta dal beneficiario nel minor tempo possibile.