Collaboratrice di Immobiliare.it
Chi possiede un immobile e decide di metterlo in affitto o, viceversa, chi ne cerca uno per sé si trova di fronte a una serie di decisioni da prendere: che tipo di contratto conviene sottoscrivere? Come si registra? È possibile disdirlo prima della sua scadenza naturale?
Proviamo a rispondere a queste e ad altre domande relative al contratto di affitto fra privati.
In Italia esistono diverse tipologie di contratto di locazione con durata e canone differenti. Vediamo le principali:
È la forma di affitto più diffusa e tradizionale. L’importo del canone non è stabilito dalla legge, ma è frutto della trattativa fra le due parti coinvolte. La durata minima del contratto è di 4 anni, dopo i quali si rinnova di altri 4 salvo disdetta, che deve essere comunicata entro i tempi stabiliti dall’accordo.
In questo caso il canone mensile non è libero, ma stabilito in base ad accordi territoriali e generalmente inferiore a quello di mercato. A fronte di un minore guadagno, il proprietario di casa avrà però alcuni vantaggi fiscali come la riduzione della base imponibile Irpef e imposta di registro, la riduzione Imu e Tasi e, per chi sceglie il sistema di tassazione alternativo all’Irpef, ovvero la cedolare secca, un’aliquota fissa al 10%.
La durata del contratto è di 3 anni, dopo i quali si rinnova in automatico per altri 2 anni. Anche i rinnovi successivi, se non interviene una disdetta, sono ogni 2 anni.
La durata di questo tipo di contratto varia da un minimo di 1 mese a un massimo di 18 mesi. Non è rinnovabile e può essere stipulato solo per comprovate esigenze del proprietario o dell’inquilino che vanno indicate nel contratto (per esempio motivi di studio, di lavoro o perché il proprietario a breve dovrà destinare l’immobile ad abitazione personale. Non sono invece valide le esigenze turistiche).
il canone è libero, salvo accordi territoriali che impongano il canone concordato.
Ha una durata minima di 6 mesi e massima di 3 anni, rinnovabili alla prima scadenza. Il canone non è libero ma concordato.
Tutte le tipologie di contratto di affitto sono soggette a registrazione presso l’Agenzia delle Entrate, a meno che la durata non sia inferiore ai 30 giorni all’anno. Se il contratto non viene registrato risulta nullo.
La registrazione può essere fatta dal proprietario o dall’inquilino, l’importante è che avvenga entro i 30 giorni successivi alla decorrenza del contratto stesso: l’invio può essere effettuato sia in modalità cartacea sia per via telematica: in entrambi i casi bisogna ricordarsi di allegare l’Ape, cioè l’attestato di prestazione energetica.
Per la registrazione di un contratto si devono pagare l’imposta di registro e l’imposta di bollo, che sono da dividere fra inquilino e proprietario.
L’imposta di registro per i fabbricati a uso abitativo è pari al 2% del canone annuo, moltiplicato per il numero delle annualità: si può scegliere se pagare l’ammontare complessivo in un’unica soluzione, oppure anno per anno, entro 30 giorni dalla scadenza della precedente annualità. Per i contratti di locazione a canone concordato, la base imponibile sulla quale calcolare l’imposta di registro è pari al 70% del compenso annuo.
L’imposta di bollo è pari a 16 euro ogni 4 facciate scritte del contratto e, comunque, ogni 100 righe, per ogni copia da registrare.
Chi opta per la cedolare secca non dovrà pagare né l’imposta di registro né quella di bollo.
Il contenuto varia a seconda della tipologia contrattuale, ma alcuni elementi devono essere sempre indicati:
Come abbiamo detto, ogni contratto può essere “personalizzato” in base alle esigenze, includendo clausole accessorie. Tra queste, le più comuni sono la scelta da parte del locatore della cedolare secca e il deposito da parte dell’inquilino di una caparra (di solito due o tre mensilità) che verrà restituita alla scadenza del contratto.
Bisogna distinguere fra le diverse tipologie di contratto, ma in linea generale possiamo affermare che la legge garantisce maggiore libertà di disdire un contratto di affitto al conduttore, cioè all’inquilino, rispetto al locatore.
Il conduttore può recedere dal contratto in qualsiasi momento, sia in presenza di una giusta causa (licenziamento, problemi fisici che gli precludano l’utilizzo dell’immobile, trasferimento per motivi di lavoro) sia semplicemente avvalendosi della clausola di recesso che di norma è presente nel contratto.
Alla scadenza dei primi 4 anni può dare disdetta con preavviso di 6 mesi, o meno se specificato nel contratto, senza dover indicare le motivazioni. La comunicazione deve avvenire tramite raccomandata o posta certificata.
Il proprietario, invece, non può mai dare disdetta per giusta causa, ma deve sempre aspettare la prima scadenza naturale del contratto. Al termine dei primi 4 anni, in alcuni casi può evitare il rinnovo naturale dando comunicazione all’inquilino con 6 mesi di anticipo tramite raccomandata o Pec. I casi che consentono al locatore di scindere il contratto sono:
Al termine degli 8 anni, invece, può dare disdetta senza addurre motivazioni, ma comunque comunicandolo con sei mesi di anticipo, altrimenti scatta il rinnovo automatico per altri 4 anni.
Valgono le stesse regole che abbiamo visto per il contratto a canone libero 4+4, ma ovviamente cambiano le tempistiche: l’inquilino può recedere prima della scadenza se lo prevede il contratto o se vi è giusta causa, altrimenti deve aspettare il termine dei primi 3 anni o dei successivi 2, con preavviso di sei mesi.
Il proprietario non può recedere dopo i primi 3 anni a meno che non ricorra uno dei motivi indicati sopra. Al termine dei successivi 2 può dare disdetta libera.
La disdetta scatta in automatico, senza bisogno di comunicarla, al termine del periodo previsto. Se l’inquilino non lascia l’immobile, il contratto diventa per legge un 4+4.
Il locatore non può recedere dal contratto prima della scadenza, mentre il conduttore può farlo per gravi motivi e con un preavviso minimo di 1 mese (se la durata della locazione non supera i 6 mesi) e massimo 3 mesi (se la locazione è superiore ai 12 mesi).
Questo contenuto ha scopo informativo e non ha valore prescrittivo. Per un’analisi strutturata su ciascun caso personale si raccomanda la consulenza di professionisti abilitati.