L’esecuzione di un intervento finalizzato alla eliminazione delle barriere architettoniche, sia esso un impianto di ascensore o – come nel caso specifico – una piattaforma elevatrice, è soggetto sia al rispetto di norme urbanistiche (da intendersi tali quelle dettate a livello regionale, comunale o, comunque, specifiche di settore) sia al rispetto di quelle concernenti la sicurezza di cose e persone, od il decoro architettonico che, in generale, trovano spazio in differenti disposizioni legislative.

È quanto emerge nella sentenza della Corte d’Appello di Milano n. 47 dell’11 gennaio 2023.

Tutti i mezzi per superare gli ostacoli alla vita dei disabili rispondono al duplice principio di solidarietà sociale e condominiale. Tuttavia, vanno rispettate le norme di natura urbanistica e di sicurezza, che hanno carattere imperativo, inderogabile ed indisponibile da parte dei privati in quanto sono poste a tutela di interessi generali.

Piattaforma elevatrice: i rischi per la sicurezza

Un condomino impugnava la delibera con la quale l’assemblea condominiale aveva approvato l’installazione di una piattaforma elevatrice interna al vano scale del fabbricato, finalizzata all’abbattimento delle barriere architettoniche.

Secondo il condomino, il progetto di installazione della piattaforma elevatrice approvato dall’assemblea comportava tutta una serie di rischi per la sicurezza dell’edificio e delle persone, perché avrebbe reso impossibile il passaggio sulla scala di due persone affiancate e di barelle di soccorso.

In primo grado, il tribunale ha rigettato la domanda, non ravvisando concreti rischi in occasione di un eventuale sgombero in emergenza dell’edificio. Al più, riteneva si potesse parlare di disagi.

La Corte d’appello di Milano ha, invece, accolto le ragioni del condominio, disponendo l’annullamento della delibera impugnata.


Leggi anche: BARRIERE ARCHITETTONICHE, NUOVA DETRAZIONE PER L’ABBATTIMENTO


Superamento delle barriere architettoniche: la normativa

Le norme in materia di superamento delle barriere architettoniche sono contenute nella legge n. 13 del 1989, prevedendo per tali interventi una disciplina di favore.

L’articolo 2 di tale legge – così come integrato dall’art. 3 di cui al D.L. n. 76/2020 (convertito con modificazioni nella L. 11 settembre 2020, n. 120), prevede tra l’altro che:

  1. Gli interventi per il superamento delle barriere architettoniche non sono più solo una prerogativa del condominio, ma sono riconosciute come un diritto di ciascun partecipante alla comunione o al condominio.
  2. Per gli interventi medesimi è escluso il loro carattere voluttuario (ex art. 1121, co.1, c.c.) e per esse rimane fermo solo il limite del pregiudizio alla stabilità e sicurezza dell’edificio.

Tutti i mezzi per superare gli ostacoli alla vita dei disabili, infatti, rispondono al duplice principio di solidarietà sociale e condominiale (Cass. civ. n. 7938/2017), che prevale su di un eventuale violazione del decoro architettonico, a maggior ragione quando le opere siano realizzate all’interno del condominio.

Rispetto delle norme urbanistiche e di sicurezza

Ciò detto, i giudici d’appello ricordano tuttavia che l’esecuzione di un intervento finalizzato alla eliminazione delle barriere architettoniche, sia esso un impianto di ascensore o – come nel caso specifico – una piattaforma elevatrice, è soggetto sia al rispetto di norme urbanistiche (da intendersi tali quelle dettate a livello regionale, comunale o, comunque, specifiche di settore) sia al rispetto di quelle concernenti la sicurezza di cose e persone, od il decoro architettonico che, in generale, trovano spazio in differenti disposizioni legislative (artt. 1117-ter, 1120, ult. co., 1122-bis e 1127 c.c.).

Non solo le prime (di natura urbanistica), ma anche le seconde (di rango civilistico) – si legge nella sentenza – hanno carattere imperativo, inderogabile ed indisponibile da parte dei privati in quanto sono poste a tutela di interessi generali.

La decisione

Ne caso di specie, la sentenza del tribunale non ha considerato alcuni elementi fondamentali emersi dalla CTU (quali la presenza dei corrimano della scala, che avrebbe determinato “manovre irrealistiche dei soccorritori” anche in considerazione della misura standard delle barelle in dotazione delle ambulanze).

Non sono stati adeguatamente valutate nemmeno le risultanze della CTP del condominio, secondo la quale “il passaggio di una barella, all’esito dell’intervento edilizio, sarebbe indubbiamente difficoltoso e non soltanto disagevole”.

Peraltro – osservano i giudici d’appello – le conclusioni della CTU (favorevoli all’installazione della piattaforma elevatrice) non appaiono  consequenziali alle sue risultanze, dalle quali erano emerse delle palesi incongruenze che, tuttavia, non nascondevano il peggioramento dello stato dei luoghi non compensato dai vantaggi che dell’opera non idonea ad abbattere le barriere architettoniche.

Per la corte d’appello, quindi, la delibera va annullata, perché “l’inserimento dell’elevatore comporterebbe un obiettivo peggioramento di un passaggio sulle rampe delle scale già angusto, con conseguente incidenza negativa sulle condizioni di sicurezza dell’edificio”.

Iscriviti alla newsletter per tenerti aggiornato sulle nostre ultime news