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A inizio aprile il Governo di Boris Johnson ha presentato il suo programma energetico che punta alle fonti sostenibili, ma soprattutto a svincolarsi dalla dipendenza di gas e petrolio provenienti dall’estero. Il programma, che ha sollevato diverse critiche da parte degli ambientalisti, si basa su quattro punti: creazione di nuovi reattori nucleari, potenziamento dell’eolico offshore, incentivi all’idrogeno e concessioni per l’estrazione del gas e del petrolio nel mare del Nord.
Per quanto riguarda le fonti rinnovabili, che secondo i piani di Johnson dovrebbero produrre il 95% dell’energia britannica entro il 2030, l’eolico è quella su cui si concentrano i maggiori sforzi. Raddoppiando la produzione e semplificando l’iter burocratico per ottenere i permessi, l’eolico potrebbe raggiungere i 50 GW per il 2030. Attenzione però: parliamo di eolico offshore, cioè costruito su specchi d’acqua lontani dalla vista, mentre l’onshore è ancora bloccato per via dell’opposizione di molti parlamentari.
La strategia britannica mira a raddoppiare la produzione di idrogeno (da 5GW a 10 GW) entro il 2030 e a quintuplicare quella solare anche grazie a nuove regole per l’installazione dei pannelli su edifici pubblici e privati.
Seguendo l’esempio della Francia la Gran Bretagna sceglie di investire nell’energia nucleare “pulita”, come assicura il Governo: entro il 2050 un quarto della domanda di energia nazionale dovrebbe essere garantito dai reattori, 8 dei quali in procinto di essere costruiti ex novo.
A preoccupare le associazioni ambientaliste c’è poi il tema dei combustibili fossili, che non verranno abbandonati, anzi: già a partire da questa estate aumenteranno le concessioni per l’estrazione di petrolio e gas dal mare del Nord.